Sono sempre stata affascinata dalle prime esecuzioni di un’opera musicale, soprattutto per quei capolavori considerati oggi “immortali”. E’ incredibile pensare a quell’istante in cui, per la prima volta, quelle note oggi così famose raggiungevano le orecchie dei primissimi spettatori. Chissà quale effetto avranno avuto su quegli uomini e quelle donne, ignari di divenire i primi testimoni della nascita di un’opera d’arte che sarà magnificata per centinaia e centinaia di anni in avanti.
E’ proprio in quel magico istante che il tutto accade: prima il silenzio, poi la musica.
E chissà quali fatiche avrà dovuto affrontare il compositore per ideare e scrivere quell’opera ma soprattutto per proporla agli editori, alle filarmoniche, alle orchestre, agli impresari e riuscire ad organizzare un evento pubblico atto a diffonderla per la prima volta nell’aere.
Il periodo d’oro di tali imprese si attesta tra il ‘700 e il primo ‘900, quando la creatività dell’uomo era molto alta ma i mezzi a disposizione erano molto pochi. Non c’erano gli smartphone, i social, le radio, gli hi-fi, non c’era il web né tantomeno i computer. Il compositore impiegava anche 2 o 3 anni per comporre e buttar giù su carta un’opera titanica e se per caso quell’unico foglio di cellulosa si perdeva o andava a fuoco, come successo più volte nella storia, l’opera semplicemente non era più. E se non esisteva più per il compositore non esisteva più neanche per il mondo.
Le orchestre inoltre non avevano le fotocopiatrici, bisognava ricopiare le parti a mano per tutti i musicisti e non sempre erano disponibili i copisti. Spesso e volentieri le prime esecuzioni avvenivano prima della stampa delle partiture da parte degli editori e i musicisti erano costretti a leggere direttamente sui manoscritti spiegazzati, subissati di macchie, scarabocchi, varianti dell’ultimo minuto. Ed è triste pensare che spesso il compositore non poteva ascoltare i propri lavori, soprattutto quelli composti per più strumenti o per l’orchestra. I più grandi autori creavano la propria musica a mente e componevano direttamente su carta, anche senza l’ausilio di alcun strumento. Se nessuno riusciva ad organizzare delle prove o dei concerti per suonare quelle musiche, il povero compositore, che vi aveva trasfuso dentro un buon ritaglio della propria vita per regalare al mondo quella bellezza, non aveva neanche il piacere di ascoltare le note da lui create. A volte sono state proprio quelle “prime” a far ascoltare al compositore le proprie fatiche, quando tra l’altro poteva essere presente all’evento, visto che il più delle volte l’esecuzione era unica in quel determinato luogo e non aveva alcuna possibilità di essere registrata.
Per questo, le storie delle première delle grandi opere “eterne” sono avvolte costantemente da un’atmosfera suggestiva, straordinaria, al limite del miracoloso, e non c’è cosa più nobile che raccontare il momento di quel primissimo ascolto, un istante pieno di estremo coraggio, volontà, genialità e voglia di vita.
E’ ciò che ho “respirato” durante la redazione de “Il coraggio della bellezza”, una serie di racconti storici nei quali ho voluto narrare la “cronaca” effettiva delle prime esecuzioni di grandi opere musicali, passate alla storia per divenire immortali. Il lavoro negli archivi, lo studio degli scambi epistolari e la scoperta delle recensioni dei concerti nelle riviste dell’epoca hanno fatto emergere delle storie straordinarie nelle quali l’impegno e il coraggio umano hanno permesso alla bellezza di diffondersi nel mondo.
Elettra Marzano