Mentre venivo sommersa da libri e documenti di ogni genere, nel tentativo di ricostruire la seducente storia della prima esecuzione del Concerto per Violino e Orchestra, op. 35 di Pyotr Ilyich Tchaikovsky, mi imbattevo in quella che ritengo sia la lettera più bella che il compositore abbia mai scritto, almeno tra tutte quelle passate sotto i miei occhi.
Come è noto, Tchaikovsky termina la composizione del suo Concerto nell’aprile del 1878 ma per tre lunghi anni nessun violinista, tra i migliori del momento, decide di suonarlo in quanto giudicato troppo difficile tecnicamente. L’unico che alla fine accetta con coraggio la sfida, perché completamente stregato dalla composizione, è il trentenne Adolph Brodsky, giovane violinista russo che, recuperato il Concerto dal cassetto in cui il compositore lo aveva spedito, lo studia per quasi un anno con fervido amore e lo suona in pubblico per la prima volta al mondo il 4 dicembre 1881 a Vienna, regalando i natali a quello che oggi è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi capolavori della musica di sempre.
In quello stesso dicembre del 1881 Pyotr Ilyich Tchaikovsky, ignaro di tutto e ormai rassegnato all’idea di non riuscire a diffondere la sua opera, prende a gironzolare avanti e indietro per l’Europa, da instancabile viaggiatore qual era. Dalle ricerche che ho effettuato sugli spostamenti giornalieri del compositore, grazie allo studio delle lettere, mentre Brodsky è sul palco del Musikverein di Vienna intento a suonare per la prima volta al mondo il suo Concerto, in quella fredda domenica viennese, il compositore è a passeggio per Roma a pensare a tutt’altro, in una bellissima giornata di sole. Non solo non assiste al concerto, ma è completamente all’oscuro del fatto che un violinista sia riuscito a studiare il suo Concerto e lo abbia anche suonato in pubblico. Tale circostanza è confermata dagli scambi epistolari con il suo editore Jungersson il quale, anche quando il compositore era in giro per l’Europa, lo informava puntualmente sugli avvenimenti della vita musicale e sulla eventuale diffusione delle sue opere.
L’inconsapevolezza del compositore riguardo le vicissitudini della sua opera si prolunga fino al 12 dicembre, ben 8 giorni dopo la première, quando riceve a Roma una lettera proprio da Jungersson. L’editore gli comunica di aver ricevuto il 5 dicembre, dunque un giorno dopo la prima di cui neanche lui era a conoscenza, uno scarno telegramma da Brodsky proveniente da Vienna che recitava così:
“Čajkovskij ha avuto un grande successo in un Concerto sinfonico”
Data l’esiguità delle parole telegrafate, Jungersson non è proprio sicuro che si tratti proprio del Concerto, ma Tchaikovsky, colto di sorpresa, capisce dal telegramma che probabilmente è andata proprio così e il giorno dopo scrive una lettera al suo amico e legale Leo Kupernik in cui gli racconta l’accaduto e lo esorta ad inviare i più sentiti ringraziamenti al violinista, visto che non ne conosce l’indirizzo. E’ questa la lettera di cui parlavo, la più amata tra tutte quelle che ho esaminato durante la preparazione del mio libro. E’ bella perché esprime la gioia incontenibile, seppur mascherata dietro al disciplinato contegno russo, di un uomo che, avviato agli studi forensi dai genitori, aveva deciso di fare il compositore per vivere nella bellezza e donarla al mondo; che aveva creato un’opera magnifica, con fatica e abnegazione e che dopo tre anni di rifiuti aveva realizzato con sorpresa la sua venuta al mondo, tra l’altro per opera di uno stimato violinista, una prestigiosa orchestra, su un prestigioso palco. Lui, che allora non era altro che uno sconosciuto compositore.
Il fatto curioso è che tale lettera, seppur citata in alcune pubblicazioni sul compositore, non si riusciva a trovare. Dopo tanto ricercare, tramite confronti e incroci di informazioni tra le biografie dei vari attori coinvolti nella storia, sono finita a rovistare nell’Archivio del Royal Northern College of Music di Manchester, UK, dove è presente una nutrita sezione di archivio denominata: “Adolph Brodsky papers”. Tale reparto contiene oltre mille documenti tra lettere autografe, programmi di concerti, estratti di articoli, libri e giornali relativi alla vita del violinista Adolph Brodsky, che nella città inglese passò gli ultimi trent’anni della sua vita.
L’archivio è dotato di un ottimo catalogo online e anche di valenti ricercatori che mi hanno aiutata finalmente ad individuare e leggere il contenuto la lettera. In verità l’originale, in russo, versa purtroppo in pessime condizioni tanto da non poter essere neanche digitalizzato, ma ciò non è così per una traduzione in inglese della lettera, ritrovata anch’essa in casa del violinista. Sembra che tale traduzione sia stata effettuata dalla moglie del compositore inglese Thomas Pitfield, vicino di casa dei Brodsky che, dopo la loro morte, riuscì a salvare i documenti e i cimeli del violinista trovati in casa, visto che gli eredi non se vollero curare e il Consiglio Comunale di Manchester, dopo la morte di quest’ultimi, era pronto a sgomberare tutto.
Ecco la lettera:
Roma, 13 dicembre 1881
Hotel Costanzi
A Leo Kupernick
Mio caro e stimato Leo Kupernik! Ho appena scoperto ieri da Jurgenson che il nostro caro Brodsky ha suonato il mio concerto in Vienna. Non puoi immaginare quale piacere mi ha dato questa notizia e quanto sia stato toccato dal gesto eroico di Brodsky. Il fatto è che il mio concerto, scritto 4 anni fa, è stato giudicato da violinisti esperti russi non eseguibile e, se non vado errato, nessuno ancora lo ha suonato. Allo stesso modo ho sempre creduto che le affermazioni dei violinisti di cui sopra erano comunque esagerate e dunque ho voluto aspettare l’arrivo di un violinista-eroe che avrebbe mostrato che l’impossibile può essere possibile. Per questo sono felicissimo che questo qualcuno sia stato Brodsky per il quale ho sempre avuto stima e al quale mi fa piacere essere debitore. Capisco molto bene, per lui che non ha ancora stabilito saldamente la sua posizione a Vienna, quanto sia stato difficile e spaventoso presentarsi davanti al pubblico viennese con un concerto di un autore sconosciuto, e per giunta russo! Così raddoppio la mia riconoscenza verso di lui, per il servizio che mi ha dato e sento il bisogno di ringraziarlo. Purtroppo non so dove abita dunque ho pensato di scriverti per chiederti di ringraziarlo sinceramente e ardentemente. Spero tu stia bene e felice. Accetta i miei saluti.
Tuo, P. Ciajkovskij
L’impossibile può essere possibile, dice Tchaikovsky ironicamente, riprendendosi una vittoria verso tutti coloro che non furono al passo con le sue innovazioni musicali e non capirono prontamente l’essenza del suo Concerto. Riguardo noi, invece, non finiremo mai di ringraziarlo per avercelo lasciato.
Elettra Marzano